DIRITTO DEL MEDIATORE ALLA PROVVIGIONE
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 4 maggio 2023, n.11675, ha confermato il principio secondo cui sussiste l’identità dell’affare ai fini del diritto alla provvigione ove i contraenti, anziché perfezionare la vendita di un immobile originariamente programmata, abbiano inteso ottenere il medesimo risultato economico mediante il trasferimento delle quote della società titolare, dovendo ritenersi che, anche in tal caso, l’operazione sia stata condotta in porto per effetto dell’opera del mediatore (Cass. 4381/2012).
Non assume, pertanto, alcuna rilevanza che il mediatore non risulti iscritto nella sezione D) – cd “Sezione in servizi vari” del ruolo di cui al D.M. n. 452 del 1992, art. 3, considerato che, secondo il consolidato orientamento della stessa Corte, l’art. 73 del d.lgs. 59 del 2010 ha soppresso il ruolo dei mediatori, previsto dall’art. 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, ma non ha abrogato la L. 39 del 1989.
L’attività del mediatore deve essere, perciò, remunerata anche quando le parti diano all’affare una forma giuridica diversa da quella per cui il mediatore abbia prestato la propria opera, come pure è consentito che le parti sostituiscano altri a se stessi nella stipulazione del contratto, senza pregiudizio per i diritti del mediatore (Cass. 4734/1987; Cass. 8676/2009; Cass. 21836/2010; Cass. 11127/2022).
Secondo la Suprema Corte, la nozione di “affare” va intesa come operazione di natura economica, suscettibile di conseguenze giuridiche, che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del negozio, per la risoluzione o per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato (Cass. 28879/2022; Cass. 30083/2019; Cass. 24445/2011; Cass. 4381/2010; Cass. 22000/2007; Cass. 2277/1984; Cass. 2030/1977). L’affare deve – dunque – intendersi in senso generico ed empirico, anche ove si articoli in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico (Cass. 11467/2001).
Tale principio è il corollario della formulazione adottata dal legislatore: la norma assume come parametro per il sorgere del diritto alla provvigione non le categorie giuridiche del contratto o del negozio giuridico, ma la nozione giuridico-economica di “conclusione dell’affare” (cfr. testualmente, Cass. 4381/2012).
In sostanza, il pagamento della provvigione compete alla società conferente l’incarico di mediazione anche qualora lo stesso sia finalizzato al trasferimento a terzi di uno o più immobili di proprietà della società, mentre poi la vendita sia conclusa mediante la cessione delle quote sociali – non da parte della società, ma da parte dei soci –, sussistendo l’originaria identità dell’operazione dal punto di vista soggettivo, ossia una correlazione e continuità tra il soggetto che aveva partecipato alle trattative e coloro che ne avevano preso il posto in sede di stipulazione negoziale (Cass. 4494/1978; Cass. 4734/1987; Cass. 11467/2001; Cass. 20549/2004; Cass. 4381/2012).